Lo sguardo impaziente, la bocca
socchiusa, la mano che stringe una lettera e quel gesto quasi
improvviso, con l’altra, quasi a impartire un ordine fuori dalla
tela. Monsignor Maffeo Barberini, capolavoro di Caravaggio, mai
esposto prima al pubblico, torna a casa e si mostra per la prima
volta in tutta la sua sorprendente bellezza. Dal 23 novembre al
23 febbraio 2025 sarà esposto nella Sala paesaggi di Palazzo
Barberini, con un’operazione dal titolo Caravaggio. Il ritratto
svelato, frutto di un prestito sorprendete dalla collezione
privata cui appartiene dagli anni ’60.
“E’ il dipinto di Caravaggio che tutti volevano vedere da anni.
Non è mai stato esposto, prestato, oggetto di mostre”, non esita
a dire il direttore delle Gallerie nazionali di arte antica,
Thomas Clement Salomon, che firma la curatela insieme a Paola
Nicita.
“Un evento epocale: Maffeo Barberini torna a casa – incalza il
direttore generale dei Musei del Mic, Massimo Osanna – Ci poteva
riuscire solo Salomona”.
Quanto all’opera, racconta Nicita, “non è un dipinto ritrovato,
è noto dagli anni ’60, ma da allora era stato visto solo da
cinque-sei specialisti. Senza contare -aggiunge – che i ritratti
di Caravaggio sono rarissimi, alcuni sono andati perduti, altri
non sono mai stati rintracciati”. Qui, il monsignore è ritratto
nei suoi trent’anni, con una berretta e abito talare sui toni
del verde, sopra una veste bianca plissettata. In primo piano,
un rotolo di documenti appoggiato alla poltrona, in quei
contrasti tra chiaro e scuro e nelle linee diagonali della
figura, che sono le cifre dell’autografia del Merisi. Ma oltre
la meraviglia, l’esposizione è anche l’occasione per sciogliere
alcuni “nodi”. “Innanzitutto, la datazione – spiega – E poi la
provenienza”.
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