Al G20 di Rio de Janeiro, i leader mondiali si trovano ad affrontare un doppio fronte: i missili che volano in Ucraina e il Medio Oriente in fiamme. Due teatri di guerra che, oltre alle vittime, trascinano con sé un’eredità pesante per economie già fragili e in affanno.
Secondo Bloomberg, la bozza di dichiarazione finale cerca di addolcire i toni sull’Ucraina, parlando di “iniziative per una pace durevole” e di come le ostilità stiano martoriando sicurezza alimentare ed energetica. Ma a quanto pare, l’Europa non ci sta: alcune delegazioni chiedono a gran voce di riscrivere il testo per includere una condanna più netta di Mosca.
Il testo parla di cessate il fuoco e aiuti umanitari, ma manca di coraggio per condanne esplicite. Sullo sfondo, il diplomatico russo Serghei Lavrov si limita a osservare, lasciando parlare altri attori della scena mondiale.
Lula e l’alleanza globale: il brasiliano punta in alto
Nel mezzo delle discussioni sui conflitti, Luiz Inacio Lula da Silva inaugura un progetto ambizioso: un’Alleanza globale contro fame e povertà. Con 148 adesioni, di cui 82 Paesi, l’iniziativa promette di affrontare problemi profondi e annosi. Buenos Aires, inizialmente scettica, ha deciso di unirsi, precisando però che manterrà un approccio orientato al mercato.
Nel frattempo, la Cop29 lancia un messaggio diretto: i Paesi del G20, responsabili dell’80% delle emissioni globali, hanno un ruolo chiave nella lotta alla crisi climatica. Mukhtar Babayev, presidente della conferenza, ha chiesto ai leader di Rio un mandato forte e immediato da portare al prossimo vertice sul clima.
Meloni: l’Italia tra solidarietà e diplomazia economica
Giorgia Meloni si fa sentire sul palco del G20. Sottoscrive con convinzione l’adesione dell’Italia all’Alleanza contro la fame, definendo i problemi del Sud del mondo come specchio di quelli del Nord.
Nel mezzo del confronto globale, l’Italia di Giorgia Meloni ha scelto di schierarsi apertamente. Non solo parole: con l’iniziativa Food for Gaza, Roma ha inviato 47 tonnellate di beni di prima necessità alla popolazione palestinese. Si spera che arrivino, visto che proprio nella giornata di sabato 97 camion dell’Unrwa colme di beni alimentari per la popolazione palestinese martoriata sono stati saccheggiati da ignoti.
Meloni ha approfittato del vertice per rafforzare i rapporti con partner strategici. Tra questi, il canadese Justin Trudeau, a cui ha chiesto maggiore attenzione per l’Africa nella prossima presidenza del G7, e l’indiano Narendra Modi, con cui ha firmato un piano d’azione che spazia dall’economia alla cultura, passando per l’intelligenza artificiale.
Non mancano gli incontri bilaterali con Lula e il principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti. Da questi colloqui emerge l’obiettivo di rafforzare i legami economici e strategici, puntando su settori come intelligenza artificiale, energia e infrastrutture.
Xi e Starmer: due mondi a confronto
Al G20 di Rio, la bilaterale tra Keir Starmer e Xi Jinping ha vissuto momenti di tensione, diventando un esempio emblematico di quanto certi argomenti restino incandescenti. Il premier britannico ha scelto di affrontare direttamente una questione delicata: la detenzione di Jimmy Lai, magnate dei media e simbolo della lotta per la democrazia a Hong Kong.
Lai, incarcerato dal 2020 con accuse che molti considerano una mossa politica, rappresenta per il Regno Unito il volto della repressione cinese sui diritti umani e sulla libertà di stampa. Starmer ha messo sul tavolo il caso, facendo leva anche sul deterioramento delle condizioni fisiche del magnate in carcere. La reazione di Pechino non si è fatta attendere: Xi Jinping ha interrotto l’incontro ordinando l’allontanamento dei giornalisti presenti.
L’episodio non è solo un momento di attrito bilaterale: è una finestra sulla strategia diplomatica delle grandi potenze. La questione Jimmy Lai, infatti, è il simbolo di un braccio di ferro più ampio che si gioca su temi come la libertà di espressione, il rispetto dei diritti umani e il controllo narrativo. In un vertice in cui ogni gesto pesa, il silenzio imposto da Xi parla più di mille dichiarazioni.
Biden: tra Kiev e Gaza, due pesi massimi sul tavolo
Joe Biden, invece, è intervenuto direttamente sulla questione ucraina, ribadendo la necessità di difendere la sovranità di Kiev. “Dobbiamo sostenere la sovranità dell’Ucraina”, ha dichiarato davanti ai colleghi, in una sala dove le opinioni restano ben lontane da un punto di convergenza.
Dal presidente americano arrivano parole nette: “Gli Stati Uniti sostengono la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina e così dovrebbero fare anche tutti quelli seduti a questo tavolo”.
Biden, affrontando la complessità del Medio Oriente, non si sottrae a un equilibrio delicato: riconosce a Israele il diritto di proteggersi, definendolo una reazione legittima al massacro più grave contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto. Tuttavia, avverte con fermezza che “il modo in cui si difende è molto importante”, lasciando intendere che il supporto non esclude un richiamo alla responsabilità nelle azioni intraprese.
Parole che suonano quantomeno ambigue, quelle di Biden, che ribadisce il diritto di Israele a difendersi mentre i dati raccontano una realtà diversa e inquietante. A novembre 2024, nella Striscia di Gaza, almeno 70 civili palestinesi sono stati uccisi in un solo giorno, il 5 novembre. Non è un’eccezione: il 12 novembre altri 31 morti, tra cui 11 persone in una caffetteria dichiarata zona umanitaria. Pochi giorni dopo, il 16 novembre, un bombardamento ha provocato altre 16 vittime, con sette civili colpiti nella città di Rafah. Questi numeri fanno emergere una domanda: proteggersi da chi, se a pagare sono per lo più i civili?
E non è tutto. In Libano, il bilancio è ancora più pesante. Dall’8 ottobre, i raid israeliani hanno provocato 3.445 morti e 14.600 feriti. Un esempio emblematico: il 15 novembre, un attacco ha distrutto un edificio residenziale ad Ain Qana, causando la morte di 11 persone, tra cui un’intera famiglia. Questi dati sono difficili da conciliare con l’idea di “difesa”.
Biden, da leader della principale potenza mondiale, sembra dimenticare che dietro il diritto di uno Stato a proteggersi c’è anche un obbligo morale: evitare la sistematica distruzione di vite innocenti. Un concetto che, a quanto pare, viene annacquato nei palazzi del potere, mentre sul terreno si moltiplicano le tragedie.
Von der Leyen: Mosca complica tutto, Medio Oriente incluso
Ursula von der Leyen non usa giri di parole: per la Presidente della Commissione europea, la Russia alimenta le tensioni non solo in Ucraina ma anche in Medio Oriente e Asia orientale. Con l’aiuto di droni iraniani e soldati nordcoreani, Mosca, stando alle parole della von der Leyen, sembra volersi intestare il ruolo di disturbatore globale. E per Gaza, la leader europea lancia il solito appello urgente: “Servono un cessate il fuoco immediato e la liberazione degli ostaggi”.
Il paradosso argentino: tra rigidità e alleanze
L’Argentina di Javier Milei è arrivata al G20 con i piedi di piombo, mostrando resistenze sull’adesione all’Alleanza globale contro la fame e la povertà, cavallo di battaglia del presidente brasiliano Lula.
Alla fine, una stretta di mano gelida tra i due leader ha suggellato una partecipazione condizionata e orchestrata dietro le quinte dalla sorella di Milei, Karina. Più rilassato, invece, il dialogo tra Milei ed Emmanuel Macron, che hanno avuto modo di scambiare battute e sorrisi al Museo di arte moderna, sede del summit.
L’influenza di Macron, amico dichiarato di Lula, potrebbe aver contribuito a portare l’Argentina a bordo dell’iniziativa. Una mossa che, però, non cancella le riserve di Milei e la distanza tra Buenos Aires e Brasilia.