“Decent work? Segregazione occupazionale e condizioni di lavoro della manodopera immigrata”: è il titolo del convegno organizzato da Inapp e Fondazione Giacomo Brodolini (Fgb), per analizzare le problematiche di alcuni segmenti dell’economia sommersa in Italia. Nei settori più esposti, si rileva il 51% di persone che lavorano senza contratto e ancora più ampio risulta il fronte del “lavoro grigio”, caratterizzato dalle diverse ipotesi in cui alla stipula di un contratto si accompagna l’inosservanza, nella pratica, di norme legislative e contrattuali.
A indicarlo sono i risultati di un’indagine condotta nell’ultimo anno dall’Inapp in collaborazione con Fgb, che ha analizzato le condizioni della manodopera straniera impiegata in settori come agricoltura, edilizia, lavoro domestico e turismo.
Lo studio ha coinvolto oltre 2mila immigrati domiciliati in Italia, tre quarti provenienti da Paesi extra-Ue. L’attività più diffusa tra i “lavoratori grigi” riguarda il “personale non qualificato nell’agricoltura e nella manutenzione del verde” (22,1% del segmento), mentre i lavoratori senza alcun contratto appartengono per lo più al “personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli” (19,3% di quanti vengono impiegati in nero). Il 29,1% degli intervistati si trova in una condizione di irregolarità amministrativa, una percentuale più alta tra gli uomini (32,7%) rispetto alle donne (18,5%).
Questa condizione espone la manodopera straniera a forme di impiego ambiguo e subottimale: molti sono disposti a lavorare senza contratto (38%) o accettare mansioni dequalificate (30,2%). Un altro tema oggetto dell’indagine riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro: otto intervistati su cento hanno subito infortuni sul lavoro, ma solo il 57,6% di questi ha richiesto assistenza sanitaria.
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