A Venezia negli ultimi sette anni
vi sono stati elementi di “ripetuti conflitti d’interesse
riguardanti le figure più elevate dell’amministrazione” del
Comune, in particolare il sindaco Luigi Brugnaro e i suoi più
“elevati collaboratori”. Lo rilevano i sostituti procuratori
Roberto Terzo e Federica Baccaglin, nel fascicolo di indagine
sulla presunta corruzione in città.
I vertici dell’amministrazione – rileva la procura, sulla
base delle indagini della Guardia di Finanza – appaiono “scelti
tra i più intimi dipendenti delle imprese private, gestite di
fatto dal sindaco stesso pur dopo la costituzione di un trust”.
Una scelta, rileva la Procura, che è stata “pubblicamente
rivendicata dallo stesso sindaco Brugnaro come strumento per
migliorare l’efficienza della macchina amministrativa e
improntarla agli standard gestionali di una impresa privata di
successo”. Ma a patto, rilevano che ciò avvenga “in una
condizione di reale distacco tra l’ambito operativo delle
società private e quello dell’ente territoriale” o con
“accorgimenti che impediscano in radice ogni commistione”. Per i
pm “così non è stato, e questo ha avuto sicura rilevanza nelle
vicende illecite poi emerse”.
La commistione, sottolineano i magistrati, si riflette sui
finanziamenti alle campagne elettorali, tutte finanziate dal
reticolo di società “che nel 2015 era controllato da Brugnaro,
ma che nel 2020 sarebbe dovuto essere gestito dal trustee”. Per
la seconda elezione, in particolare, la Procura rileva “due
distinti comitati elettorali, finanziati da Umana e Consorzio
del Gruppo Lb Holding, gestiti da dirigenti e dipendenti”.
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