(di Tiziana Torrisi)
Tutti credevano che Gertrude fosse
morta ad Auschwitz. Uno dei tanti bimbi inghiottiti nel
meccanismo della morte dei campi di sterminio che uccideva per
primi i più indifesi. Cercata per decenni di Gertrude c’erano
tracce solo in relazione al padre, Isidor Stricks, un cittadino
polacco ebreo, fuggito in Italia dalla Francia, preso vicino a
Roma, deportato e morto nel lager. Ma il destino della piccola
Trudy deviò da quello tragico del padre e lei si salvò. Solo che
nelle pieghe della storia quel nome, Gertrude Stricks, appariva
solo accanto a quello del papà, vicino ad una nota che non
lasciava speranza: morti in un lager.
Dopo 81 anni a far rinascere Gertrude ci ha pensato la
ricerca di Maria Grazia Lancellotti nell’ambito del progetto Il
Civico giusto (ilcivicogiusto.com) che si prefigge di scoprire
storie di solidarietà e coraggio nell’Italia fascista delle
leggi razziali. Parentesi di umanità e bellezza in una delle ore
più buie della storia.
In Trudy Maria Grazia, che è anche preside del liceo romano
Orazio, inciampa interessandosi alla storia dei coniugi Monaco:
lui, Alfredo, nel ’44 un giovane medico notturno di Regina
Coeli, e sua moglie Marcella Ficca avevano già salvato Sandro
Pertini e Giuseppe Saragat aiutandoli in una fuga rocambolesca.
E proprio a Regina Coeli Marcella nel febbraio del ’44 si prende
in mano la vita di Trudy, appena 5 anni: il padre Isidor sta per
essere portato a Fossoli e dal camion riesce solo a porgere la
bimba a quella donna sconosciuta. La moglie non sa più dove è:
lui è stato rastrellato assieme alla bimba per essere sceso dal
treno che dalla Francia lo portava a Roma. Storie di guerra e
disperazione dove le parole sono superflue. Trudy non parla una
parola di italiano, Marcella non capisce il polacco ma alla sua
famiglia, con già due figli, ne aggiunge una terza. La piccola
resta in quella famiglia datale dal destino fino a giugno. Poi
la madre Fanny riesce a sapere dalla comunità ebraica di Roma
dove si trova la figlia e se la va a prendere. Per un mese
vivono in cattività in un convento. Poi la salvezza: sono tra i
mille profughi che a bordo della nave Gibbons, salpata da Napoli
il 20 luglio del 1944, riescono a raggiungere gli Usa e restano
nel campo profughi di Oswego.
Trudy vive ancora negli Usa e ha un figlio di nome Brian. Ha
86 anni ed è viva grazie alla solidarietà ma anche alla fatalità
di eventi che in quegli anni disumani determinarono tante
esistenze. Alfredo e Marcella Monaco non hanno mai smesso di
cercarla ma sono morti senza sapere se si fosse davvero salvata.
Per questo Maria Grazia Lancellotti ha voluto riannodare la
memoria e ha fatto incontrare Gertrude e suo figlio Brian con i
discendenti dei coniugi Monaco, quella famiglia di guerra che
salvò una bimba ebrea in fuga dalla morte. Ora, grazie alla
scoperta di questo angolo di storia, sono state avviate le
pratiche allo Yad Vashem per far insignire i Monaco del titolo
di “Giusti fra le Nazioni”.
E una piccola giustizia è stata fatta anche per Isidor: da
Fossoli non finì ad Auschwitz ma Mauthausen e lì morì. Nella
triste contabilità della morte di massa dei nazisti almeno un
luogo dove riporre un ricordo. (Le storie di Trudy, dei coniugi
Monaco che aiutarono Pertini e Saragat e della Nave Gibbons,
assieme a tante altre, si possono leggere sul sito
ilcivicogiusto.com)
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